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È gay, non gli rinnovano la patente

È gay, non gli rinnovano la patente

| il 23, gen 2015

Il certificato militare citava: «disturbo dell’identità sessuale». Da allora 15 anni di calvario giudiziario

All’ospedale militare per la leva aveva dichiarato di essere gay, e così per un “disturbo dell’identità sessuale”, come c’era scritto nella sua cartella, pervenuta alla Motorizzazione civile di Catania – la patente gli era stata sospesa. La storia di Danilo Giuffrida, 34 anni, di Catania, ha un che di kafkiano, se si pensa che, solo dopo un iter giudiziario lungo 15 anni, e il passaggio dinanzi al Tar e a due tribunali, la Cassazione ha riconosciuto che c’è stato “un vero e proprio comportamento omofobico”, oltre che “intollerabilmente reiterato”, da parte della pubblica amministrazione e oggi, finalmente, ordina un risarcimento corrispondente alla “gravità dell’offesa”. Il ragazzo si era rivolto al tribunale chiedendo un risarcimento di mezzo milione di euro. Il giudice di primo grado aveva accolto l’istanza, disponendo però un risarcimento più basso, di 100mila euro. Con l’appello dei due ministeri, la corte catanese aveva ancor più ridotto la cifra abbassandola a 20mila euro, ritenendo «esorbitante» la somma riconosciutagli in primo grado, dato che la discriminazione sessuale e la concorrente violazione della privacy – ad avviso dei magistrati di secondo grado – «si erano risolte unicamente nell’apertura delle procedura di revisione della patente», e l’illegittima violazione sarebbe «rimasta circoscritta ad ambito assai ristretto».

Il ragazzo si era rivolto al tribunale chiedendo un risarcimento di mezzo milione di euro. Il giudice di primo grado aveva accolto l’istanza, disponendo però un risarcimento più basso, di 100mila euro

Con le sentenza depositata oggi (la n. 1126) la Terza sezione civile della Cassazione ha disposto il rinvio del caso, per riquantificare al rialzo la cifra (gli erano stati proposti 20mila euro), che dovrà essere stabilita da un nuovo tribunale d’appello, sulla scorta dei paletti già fissati dagli ‘ermellini’. “E’ la vittoria della giustizia – ha commentato il ragazzo – nella quale ho sempre creduto. Non è la mia vittoria personale, ma di tutta la comunità: sarebbe potuto accadere a chiunque”. Il diritto al proprio orientamento sessuale, “nelle sue tre componenti della condotta, dell’inclinazione e della comunicazione, il cosiddetto coming out”, sono tutelati dalla Corte europea dei diritto dell’uomo sin da una sentenza del 1981 (Dudgeon contro il Regno Unito).

“Nonostante il malaccorto tentativo della Corte territoriale di edulcorare la gravità del fatto, riconducendola ad aspetti endo-amministrativi”, è innegabile – scrive la Suprema Corte – che “la parte lese sia stata vittima di un vero e proprio (oltre che reiterato) comportamento di omofobia”. E’ quindi certa “la gravità dell’offesa”, fatto rilevante per la quantificazione del danno. Soddisfatta l’Arcigay per “la sentenza importantissima” di cui “il Parlamento deve fare tesoro, calendarizzando quanto prima il dibattito sulla legge contro l’omotransfobia in Senato e offrendoci perciò la prospettiva concreta dell’entrata in vigore di quella legge”, dice il presidente Flavio Romani.

 

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