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Perché crederci ancora

Perché crederci ancora

| il 03, dic 2014

Il commento relativo all’incontro sulla presentazione della ricerca realizzata dal CENSIS “Gli Italiani e l’auto: un rapporto da rilanciare su nuove basi”

Tornando in treno verso Roma, dopo aver assistito a Milano alla conferenza stampa organizzata da Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) il 19 novembre scorso, ho sentito il bisogno di tracciare alcune “sensazioni” vissute. Raramente partecipo ad iniziative similari, ne avrei una a settimana. E, oltre a non avere il tempo, la sensazione (a volte errata) di perdere del tempo. Stranamente, quando ho avuto l’invito non ho esitato e devo dire di averci azzeccato.

L’incontro è stato incentrato sulla presentazione della ricerca realizzata dal CENSIS, con il contributo di Unrae, su “Gli Italiani e l’auto: un rapporto da rilanciare su nuove basi”, commentata dal Professor Giuseppe De Rita nel corso della conferenza. Si è parlato di molte cose: crisi dei consumi, crollo dell’auto negli ultimi sette anni, cambiamenti nelle famiglie sulla scelta d’acquisto dei beni durevoli, una politica fiscale che ha pesantemente colpito l’acquisto e l’uso dell’auto unitamente alla cronica mancanza di scelte governative in tale ambito. E, naturalmente, una incomprensibile indifferenza! In un contesto nazionale e comunitario caratterizzato ormai permanentemente dalla deflazione, ovvero dall’assenza di crescita economica. Quindi stagnazione, assenza di investimenti produttivi delle imprese e riduzione dei consumi delle famiglie, aumento del risparmio in ogni forma possibile, ricerca della liquidità per sentirsi più sicuri e meno a rischio di futura povertà.

Il quadro fatto, insomma, è stato quello di un sistema Paese statico, fermo, dove imprese e famiglie hanno come unico obiettivo quello di sopravvivere, di non soccombere. E si tratta di uno scenario consolidatosi da qualche anno, difficile da scardinare, anche perché il sentire comune è quello di non credere nelle istituzioni, nella politica, nelle riforme. Della serie non spendo, non consumo quindi risparmio, rinviando le scelte .

Tutto è fermo, ogni settore appare saturo, ovvero l’industria, il commercio, i servizi sembrano non avere, nel mercato italiano, alcuna possibile nuova domanda. Ognuno di noi, nel suo piccolo, cerca di sopravvivere, di reggere, in attesa di tempi migliori!

Eppure, nonostante il quadro fatto, possiamo crederci ancora. Perché?

Perché in Italia il 60% della mobilità quotidiana si realizza grazie all’auto, quindi la mobilità è stata e rimane essenziale per le famiglie e le imprese italiane. Perché in Italia sono 10 milioni i veicoli che hanno almeno 14 anni di vita, con gravi e crescenti ripercussioni in termini ambientali (inquinamento), sicurezza (modelli vecchi, assenza di tecnologie d’avanguardia) e spreco energetico (maggiori consumi di carburante) con pesanti costi sociali (incidentalità, mortalità, assistenza sanitaria).

Problemi che dovranno, prima o poi, trovare risposte da chi ha il dovere di fornirle. E non potranno tardare perché il ricambio del parco circolante italiano non è solo un auspicio economico-commerciale ma è, soprattutto, essenziale per migliorare la qualità della vita di milioni di persone alle quali deve essere garantita una mobilità sicura e sostenibile. E quella attuale non lo è, anzi peggiora ogni giorno di più. Ecco perché, malgrado tutto, possiamo credere in un cambiamento del mercato auto nel prossimo futuro. Dobbiamo crederci.

In Italia il 60% della mobilità quotidiana si realizza grazie all’auto, quindi la mobilità è stata e rimane essenziale per le famiglie e le imprese italiane

Sono uscito dalla conferenza portandomi addosso questa buona sensazione che si è consolidata di energia positiva leggendo il rapporto CENSIS. E, mi viene da dire concludendo, un po’ di energia per continuare “a reggere” ci vuole. Ma con la ferma volontà di “darsi da fare”, di non stare fermi ad aspettare, di continuare a lavorare per cambiare!

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