Nautica, il DCI: come appesantire il rilascio della licenza di navigazione
unasca | il 15, Set 2020
(di Marco D’Agliano, Responsabile Nautica Segreteria nazionale Studi di consulenza Unasca)
Cosa è e a cosa serve il Documento di costruzione e importazione previsto dal Dpr 14 dicembre 2018 n.152, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 27 febbraio del 2019? Ci preme ricordare che tale documento non trova menzione nel Dl 229 di revisione del Codice del diporto pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 gennaio 2018; infatti all’articolo 10 del decreto, fra i documenti richiesti per l’iscrizione di una imbarcazione il Dci non è elencato. Quindi sorge spontanea una domanda: perché nella revisione del Codice del diporto emanato un anno prima non si fa il minimo riferimento, anche solo come ipotesi, a un documento definito essenziale nel regolamento pubblicato appena un anno dopo?
Facciamo ammenda di mancanza di acume, lo ammettiamo. Ma da semplici cittadini prima, e da cultori della materia poi, siamo angosciati dal capire se era necessario appesantire la procedura per il rilascio della licenza di navigazione attraverso l’emissione di un documento aggiuntivo che in buona sostanza certifica quanto già descritto dal certificato di costruzione prodotto dal cantiere e dal certificato motore prodotto dalla ditta costruttrice. Quale strana alchimia giuridica ha voluto produrre questo “essenziale” doppione da allegare ai documenti ufficiali delle barche di nuova costruzione?
Ci piace pensare alla solita burocrazia italiana che partorisce in continuazione norme di semplificazione che tutto hanno come obiettivo tranne semplificare la vita ai diportisti. Ma così pensando esprimiamo un pregiudizio verso l’incolpevole Ministero dei Trasporti che si è ritrovato la norma nel Dpr citato e, strano ma vero, senza essere l’ente che redige il Dci. Perché l’ente preposto alla sua emissione non è, come ci si aspetterebbe, un ente pubblico ma un ente privato, ovvero una delle associazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, citando testualmente quanto scritto nel decreto.
Non ricordiamo di aver trovato nella legge di delega al Governo per la riforma del Codice del diporto nessun riferimento alla necessità che in un contesto di revisione e semplificazione del Codice si dovesse produrre l’ennesimo foglio di carta, anzi con l’avvento dello Sted (Sportello telematico del diportista) tutto doveva essere più snello e più veloce. Allora ci sorge un dubbio legittimo. Forse il Dci potrà servire per evitare future truffe di doppie intestazioni della medesima barca a più persone, come successo in passato con la nota vicenda di Rimini Yacht? Ma a questo problema non doveva sopperire lo Sted che verifica in tempo reale eventuali tentativi di raggiro ai danni dei diportisti, potendo in maniera telematica acquisire i dati dei certificati emessi dai costruttori e usati per iscrivere le barche? Pur sforzandoci, non riusciamo a trovare il senso logico della norma e, se aggiungiamo che il Dci riporta fedelmente quanto già trascritto nei certificati sopraddetti, dobbiamo ricorrere alla fantasia per trovare un significato pratico prima che giuridico.
Non me ne voglia l’estensore della norma che forse voleva, ma non l’ha fatto, aiutare una riforma attesa da anni; semmai si ponga la domanda che nel discuterla e approvarla non ha colto l’inutilità di questo documento. Siamo figli e ancora schiavi di codici napoleonici e procedure amministrative complesse. Siamo abituati alla famigerata marca da bollo anche quando dobbiamo dichiarare la nostra esistenza in vita e oramai propensi ad accettare tutto nel nome di una falsa semplificazione; ci inchiniamo dopo otto mesi dall’entrata in vigore dello Sted, e malgrado gli sforzi encomiabili degli addetti del Ministero, ad attendere 30 giorni per una licenza di navigazione quando prima ne servivano 20 nelle Capitanerie. Riconosciamo come appassionati diportisti di avere dei limiti e usiamo il Dci per parafrasare una speranza: “Dio ci illumini”. Siamo ancora lontani da quella che auspicavamo una conquista di civiltà.
(Foto: Jarrett Fifield/Unsplash)