Sportello telematico, il titolare è sempre un pubblico ufficiale
ilTergicristallo.it | il 29, Nov 2018
di Yvonne Guarnerio, Segretario nazionale Studi UNASCA
L’autentica è un atto pubblico e il titolare di Sportello Telematico dell’Automobilista (STA) è un pubblico ufficiale. Questo il senso complessivo della sentenza 45299 con cui la Corte di Cassazione ha rigettato un ricorso con cui si tentava di provare il contrario e confermando, così, la condanna per falso ideologico (Art. 479 Codice Penale). Nella fattispecie per aver attestato falsamente la presenza di due venditori al momento dell’apposizione delle firme dei certificati di proprietà, che erano invece state apposte altrove; cioè non in presenza del titolare dello sportello. Non solo. Proprio perché a tutti gli effetti pubblico ufficiale, il titolare di STA è tenuto ad accertare sempre l’identità del venditore dei beni. La sentenza che era stata pronunciata nel giugno scorso ma depositata in Cancelleria ad ottobre, spazza via, definitivamente, tesi e argomentazioni illusorie che purtroppo sono circolate su questo tema sino a oggi. Vediamo nel dettaglio.
Il ricorrente ha tentato di sostenere che non sussisteva il reato di falso ideologico in base a sei argomenti, tutti rifiutati dalla Cassazione che giudica, perciò, inammissibile il ricorso. Primo: l’autentica fatta con lo Sportello Telematico dell’Automobilista non sarebbe un atto pubblico, ma semplicemente una autentica amministrativa equiparabile a quelle elencate nel DPR 445/2000, cioè il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. Secondo: non ci sarebbe stato alcun falso ideologico, perché, a detta del ricorrente, la condotta contestata non avrebbe prodotto alcun danno ai cedenti, né al beneficiario della cessione. Il terzo e il quarto argomento puntano su una sostanziale innocuità dei falsi prodotti. E cioè, le firme erano sì state apposte altrove, ma anche se il titolare dello sportello ha attestato il falso, non si era prodotto alcun danno per le parti. La cessione era infatti proseguita sino a concludersi senza intoppi. Quinto: non si sarebbe violata la legge, perché il fatto era particolarmente tenue per la modesta gravità delle condotte, peraltro non abituali, dei soggetti coinvolti. Insomma, un episodio occasionale. Infine, non erano nemmeno state concesse le attenuanti generiche, né veniva data motivazione della discrezionalità del giudice.
Ebbene, secondo la Cassazione, la prima motivazione del ricorso confonde l’autocertificazione, come nel caso delle dichiarazioni sostitutive di un atto di notorietà, con le attività che sono svolte dalle agenzie di consulenza automobilistica. La differenza è cruciale: mentre l’attività sostitutiva di certificazione è imputabile dal punto di vista della responsabilità penale unicamente all’interessato, il titolare dello Sportello Telematico dell’Automobilista invece è un delegato della Pubblica amministrazione tenuto, perciò, a verificare anche l’identità del venditore del veicolo. C’è poi in questa sentenza della Cassazione un aspetto altrettanto centrale per il settore degli studi di consulenza automobilista: è acclarato come giurisprudenza della suprema Corte, che il titolare dello STA riveste la qualifica di pubblico ufficiale durante tutto l’iter che porta a produrre i documenti del passaggio di proprietà, come disposto dal DPR 358/2000.
Inoltre, la Cassazione rigetta la seconda motivazione del ricorso ricordando che il reato di falso ideologico prescinde dal danno o dal profitto che può causare; il punto in questione, invece, è l’alterazione della fede pubblica che viene minata. Perciò è sufficiente che la falsificazione sia avvenuta consapevolmente per configurare il reato. Chi ha accolto le firme apposte altrove sapeva che avrebbe dovuto farle apporre in presenza, dopo aver accertato l’identità dei sottoscrittori.
Terzo e quarto motivo del rigetto del ricorso: non si configura in questo particolare caso nemmeno il cosiddetto “falso innocuo” e con ciò si smonta la tesi che le false attestazioni dell’identità dei venditori sarebbero inoffensive. Infatti se un atto falso sia o meno innocuo, non lo si deduce dall’uso che se ne fa di quell’atto, cioè dalle sue conseguenze, ma dal fatto stesso che si tratti di un falso. Infine, cade anche la tenuità del fatto; perché il falso ideologico commesso da pubblico ufficiale è punito con la reclusione sino a cinque anni. Sulla determinazione della pena, in conclusione, la discrezionalità del giudice implica che non sia prevista l’esposizione dettagliata dei criteri del giudizio.
La sentenza ha così risolto un argomento che troppo spesso si è sentito ripetere a proposito dell’autentica, e cioè che sotto il profilo della fede pubblica l’attività del consulente sia meno probante, poiché non si tratta di un notaio. Ora, invece, è giurisprudenza che il consulente agisce sempre come pubblico ufficiale nella produzione dei documenti di compravendita. Con ciò cadono i tentativi di sostenere che in fin dei conti ad attestare in modo falso una firma non si produce danno oppure che, tutto sommato, si tratti di poca cosa. No. UNASCA ritiene che la legalità non ammetta discrezionalità e che la funzione del consulente automobilistico sia sempre guidata dal rispetto della legge e della correttezza di azioni e intenzioni.