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Dai pneumatici ai byte, la carriera in Motorizzazione di Alessandro Calchetti

Dai pneumatici ai byte, la carriera in Motorizzazione di Alessandro Calchetti

| il 08, apr 2021

La parola chiave per un ingegnere è “processo”. Per far funzionare le cose, i processi vanno rivisti, ottimizzati. Con un costante lavoro. Alessandro Calchetti, classe 1958, nella sua carriera ha contribuito a riformularne tanti nel sistema della mobilità e dei trasporti italiani. E il primo di tutti ha riguardato la sua stessa carriera. Nato a Orbetello, ci rimane solo un anno, poi la famiglia si trasferisce a Roma. Voleva fare il matematico, ma non l’insegnante. Alla Sapienza vira su Ingegneria meccanica, dove si laurea nel 1984. Ma dopo un breve periodo alla Pirelli e tre anni al Centro Sviluppo Materiali sceglie il Ministero dei Trasporti. L’aria delle istituzioni, d’altronde, si respira in casa Calchetti: il padre è maresciallo della Guardia di Finanza. In Motorizzazione pensava di fare qualcosa di tecnico, ma viene scelto dalla mano del Caso e soprattutto dall’intuito di Ciro Esposito per lavorare al CED, del quale diverrà poi dirigente fino al 2018. Poi si sposta a Venezia da direttore della DGT Nordest sino al 2020, per poi chiudere da Direttore generale della Motorizzazione. Nell’ultimo miglio di carriera, l’avvio del Documento unico di circolazione. Alessandro Calchetti è in pensione dal 1° aprile scorso, forse riaprirà il suo libro preferito: “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez.

Quali sono i ricordi più belli della sua carriera?
«Sono entrato in Motorizzazione nel 1989, pensavo di occuparmi di questioni tecniche. Dopo solo due anni trascorsi all’ufficio di Rieti, dove ho imparato molto, sono stato trasferito a Roma al CED, dove ho lavorato per 27 anni: 8 da funzionario e 19 da direttore. Il mio direttore era Ciro Esposito, che ha letteralmente inventato il rinnovo della patente spedito a casa e il “prenota Motorizzazione” quanto l’informatizzazione era agli albori. Ho imparato molto da lui. Altri ricordi belli, anche se molto stressanti, sono il rilascio della patente da parte della Motorizzazione e il rinnovo della stessa da parte dell’UCO (1° ottobre 1995), la patente e la carta di circolazione spedita a casa in caso di smarrimento o furto (2001), lo sportello dell’automobilista (maggio 2003), la patente a punti (1° luglio 2003), il rinnovo e stampa patenti centralizzato (gennaio 2014). Nuove procedure raggiunte grazie a relazioni umane e professionali che ho vissuto in questi anni, sia con i colleghi che con i responsabili delle associazioni di categoria».

In pratica, un pezzo del sistema dei servizi all’automobilista così come lo conosciamo oggi.
«I processi vanno cambiati e rivisti, soprattutto per i cittadini. E penso di aver dato un contributo, da servitore dello Stato. C’è stato sicuramente un ruolo fondamentale anche delle Associazioni di categoria che hanno sempre supportato queste trasformazioni. A questo proposito, c’è un episodio cui sono legato e riguarda proprio Unasca e in particolare il caro Ottorino Pignoloni».

Quale?
«Quando fu cambiato il processo del rinnovo della patente, era mia intenzione affidarlo solo ai medici, ma Ottorino ha insistito ad allargare agli operatori professionali. E con il senno di poi, posso dire che probabilmente la mia idea iniziale non avrebbe fatto filare le cose lisce come poi accadde. Pignoloni era un portatore d’interesse, come si direbbe oggi, ma vedeva le ricadute positive delle azioni di categoria sia per l’Amministrazione che per i cittadini».

Unasca è una presenza costante negli anni e nei ruoli ricoperti nella sua carriera.
«Un rapporto ventennale, che risale al 2001 quando cominciammo a lavorare allo sportello telematico dell’automobilista e ogni 15 giorni avevamo un incontro a Palazzo Chigi per relazionare sullo stavo di avanzamento del progetto. È stato in quei giorni che ho conosciuto Ottorino, del quale apprezzai subito il carisma, la lealtà e la professionalità. Sicuramente il suo contributo è stato decisivo per tutti i progetti che abbiamo realizzato insieme. Anche con i segretari delle Autoscuole e con quelli degli Studi, dopo Ottorino, abbiamo sempre collaborato, anche nei momenti più difficili. In pieno lock down abbiamo deciso di rilasciare il primo documento unico il 4 maggio 2020 con il loro pieno appoggio. Senza le due maggiori associazioni non ci saremmo riusciti. Tra i miei ultimi cari ricordi, la celebrazione dei 50 anni di Unasca, qui a Roma».

Strada tortuosa, quella del Documento unico. Eppure, il 20 marzo scorso, al Convegno di Unasca che ha preceduto il Consiglio nazionale Studi, le è stata riconosciuta la caparbietà di aver voluto dare avvio a questa rivoluzione.
«Partiamo dal fatto che il Documento unico non è l’implementazione dello STA. È un sistema completamente nuovo. Quando decidemmo di partire il 4 maggio 2020, le Associazioni erano d’accordo, poi è emerso che l’aspetto più problematico è stata la dematerializzazione. Ora, con l’ultima proroga di tre mesi, fortemente voluta anche da Unasca, il tempo a diposizione consentirà all’Amministrazione di completare in modo ottimale il rilascio delle tipologie di pratiche mancanti e migliorare alcuni aspetti sulle modalità operative già in uso. Per quanto riguarda le autoscuole, vorrei ricordare che alla ripresa della formazione il 20 maggio 2020, dopo il lockdown, Unasca è stata al fianco dell’Amministrazione condividendone le scelte durante la fase della riapertura e questo è stato molto importante per gestire al meglio il recupero del ritardo accumulato.

Il progressivo invecchiamento del personale della Motorizzazione e lo svuotamento dell’organico hanno fortemente segnato la qualità dei servizi, aggravata dal Covid. Come pensa se ne possa uscire?
«Purtroppo, la decisione di non assumere per 25 anni nuovo personale non potrà essere mai compensata completamente. Anche le ultimi soluzioni normative, come l’utilizzo di esaminatori in pensione, possono migliorare ma non risolvere il problema. Ritengo che, anche se probabilmente Unasca non sarà d’accordo, per il futuro l’Amministrazione debba continuare a volgere l‘attività di esame per verificare l’idoneità tecnica dei candidati e per fare questo si dovrà assumere, formare e abilitare quanto prima il personale necessario».

(Intervista raccolta da Enrico Bellinelli)

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