Autotrasporto: proposte di revisione della Direttiva 59/2003
Manuel Picardi | il 07, Mar 2014
Nell’Albert Borschette Conference Centre, lo scorso 6 Marzo, si è tenuta un’importante Conferenza sul futuro della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC).
Il DG MOVE C4 (il Dipartimento della Commissione Europea che si occupa di Sicurezza Stradale, nello specifico di Patenti di Guida) ha organizzato una Conferenza per fare il punto sullo stato dell’arte della formazione iniziale e periodica per i conducenti professionisti. Sono passati più di cinque anni dall’entrata in vigore della Direttiva 59/2003 EC che ha letteralmente stravolto il mondo dell’autotrasporto (09/09/2008 per il trasporto di Viaggiatori e 09/09/2009 per il Trasporto Merci).
La lunga giornata si è articolata sui quattro punti salienti che si prevede meritino una revisione: rilevanza e scopi; età minima; struttura dei corsi; qualità e riconoscimento reciproco dei corsi. Il primo dei topic trattato è di fondamentale importanza, poiché si sta prendendo in considerazione di ridimensionare il numero di categorie di utenti esentati dall’obbligo di conseguire la CQC. Il dibattito è decisamente acceso, soprattutto quando dalla platea un anonimo partecipante fa presente che bisognerebbe prendere in considerazione l’ipotesi di estendere l’obbligo di conseguire la CQC anche a quei professionisti, conducenti di veicoli adibiti al trasporto merci, inferiori alle 3,5 tonnellate.
Troppa disomogeneità tra gli Stati membri. Anche i pareri sull’utilità della stessa formazione sono stati frizzanti e soprattutto contrapposti. Quando si parla di formazione si è sempre in equilibrio tra esigenze di sicurezza stradale e il costo per ottenerla.
Il secondo argomento non è da meno. Sulla scelta di voler modificare l’età minima per il conseguimento dell’abilitazione professionale c’è un gran dibattito in corso, che vede protagonisti i rappresentanti delle associazioni internazionali autotrasportatori che rischiano di esser penalizzati da un innalzamento del requisito dell’età minima richiesta per il conseguimento dell’abilitazione. Il terzo punto è probabilmente il più delicato. Quando si parla di formazione si è sempre in equilibrio tra esigenze di sicurezza stradale e il costo per ottenerla. Chi vive l’Autoscuola sa che non c’è nulla di più frustrante del mandare un allievo all’esame soltanto perché non ha più i soldi per potersi esercitare. Oltre alla questione morale, anche se non è l’Istruttore che giudica, rimane sempre l’amaro in bocca per un percorso che non è stato completato come ci si aspettava.
Tornando ai corsi in questione, si vede l’assoluta necessità di apportare delle modifiche, anche sostanziali, alla struttura organizzativa odierna dei corsi di formazione periodica. Troppa disomogeneità tra gli Stati membri. Anche i pareri sull’utilità della stessa formazione sono stati frizzanti e soprattutto contrapposti. L’opzione più probabile, qualora si dovessero veramente apportare dei cambiamenti, sembra essere quella modulare, anche se non è dato capire se si intenda solo per argomenti, nel tempo o entrambi.
L’ultimo capitolo affrontato nella giornata è stato il tentativo di cercare di mettere un po’ d’ordine nella giungla del riconoscimento dei corsi di formazione, soprattutto periodica, oltre frontiera. Al problema, chiaramente, non c’è una soluzione immediata. I relatori, ormai esausti, han preso nota e si son ripromessi di aggiornare i più, nella seconda metà dell’anno.