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Smartphone al volante? Mai. Lo dice chi analizza gli incidenti

Smartphone al volante? Mai. Lo dice chi analizza gli incidenti

| il 11, mar 2019

Collabora con Asais Evu Italia, la dottoressa Manuela Caldironi; formazione da fisico all’Università e poi una carriera nelle telecomunicazioni fino alla decisione della maternità, un bivio nella vita, la scelta di tentare una strada nuova. Analisi degli incidenti stradali, buona la prima. Le competenze c’erano tutte. Da lì inizia un percorso professionale che l’ha portata a collaborare con la più importante associazione europea di analisi di incidenti stradali.

«È stato un inizio interessante – ricorda Caldironi -, vincemmo la causa, portando un vantaggio economico corretto a un ragazzo tetraplegico. Da lì è cominciato un percorso di studio e approfondimento che nel ’98 mi ha permesso di cominciare a lavorare autonomamente. Si tratta di un lavoro per il quale è necessaria una formazione scientifica, la specializzazione richiesta in matematica e fisica è certamente elevata. Poi bisogna bisogna interfacciarsi con il lavoro delle autorità, considerando anche la parte medico legale e di psicologia del traffico».

Cosa raccontano i reperti degli errori che si commettono al volante?

«Tra le prime cause c’è la distrazione, motivata da molti aspetti, l’uso del telefono soprattutto. Non è solo tenere in mano o guardare il telefono, ma è anche il fatto che la nostra concentrazione, se è impegnata in conversazione o messaggi, si riduce nella percentuale da dedicare alla guida, anche con gli auricolari o bluetooth, infatti parlare di temi importante come quelli lavorativi o che comportano ansia è molto pericoloso. Anche la velocità è una causa importante, non bisogna mai pensare di essere così potenti da avere sempre il controllo della situazione».

E tra uomini e donne, chi è più prudente al volante in Italia?

«Non è una statistica facile da fare. Secondo i dati ANIA, il numero di incidenti causati dalle donne sono confrontabili con uomini, soprattutto nelle fasce d’età giovane, ma spesso sono auto intestate alle mamme e guidate dai figli. Posso aggiungere che secondo una recente statistica svizzera, fatta da un ente governativo, il numero di incidenti delle donne è inferiore a quegli degli uomini, quelli gravi soprattutto. La donna considera l’auto un mezzo di trasporto, non un simbolo di forza o altro. Non è particolarmente affascinata dalla velocità, dal sorpasso, non si mette generalmente al volante se ha assunto sostanze alcoliche, tende a guidare meno. C’è anche il fatto che quando diventano madri e vanno in giro con i figli, sentono una maggiore responsabilità».

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